Autenticazione e Touch ID
- Giovanni Brotto
- 11 nov
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 22 nov

Diversamente da altre parti della nostra epidermide, le punte delle nostre dita sono prive di peli, e lo sostituiscono con un disegno fatto di piccole scanalature che ci aiutano a tenere oggetti, utensili e oggetti vari con più stabilità e attrito. Queste scanalature sono chiamate impronte digitali, e sono un retaggio evolutivo che tutti i primati hanno. L’uso sistematico a scopo identificativo del loro disegno unico fu sviluppato tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo; tuttavia, si pensa che la scoperta dell’unicità delle impronte digitali sia millenaria.
Se prima si utilizzava l’inchiostro premuto sul dito e poi sulla carta per catalogare le
impronte digitali, con l’avvento della rivoluzione digitale ora ci possiamo affidare a piccoli, efficienti ed economici sensori ottici, che scannerizzano la punta del dito premuto sul sensore, per poi generarne una versione digitale che verrà poi trasferita in un database per venire comparata automaticamente a tutte le altre scannerizzazioni per cercare una corrispondenza esatta.

Il processo di riconoscimento biometrico inizia con l’acquisizione dell’immagine, al giorno d’oggi i sensori più popolari si basano o su tecnologie ottiche o capacitive, quest’ultime vengono utilizzate più spesso essendo più piccole e possono di conseguenza essere incorporate su telefoni, laptop e tablet, oggetti che si usano ogni giorno. In una disposizione classica, nella parte dello schermo dove si posizionerà il dito ci saranno decine di migliaia di elettrodi che, a contatto con l’impronta digitale, chiuderanno il circuito, creando piccole cariche elettriche tra la superficie del dito e ognuno degli elettrodi, creando così migliaia di piccoli capacitori. L’intensità della corrente elettrica si baserà sulla distanza tra il dito e gli elettrodi. In questa maniera, le scanalature in contatto con gli elettrodi avranno una corrente inferiore, creando così una mappa digitale di correnti più alte e più basse in base alla posizione delle scanalature, e questa mappa sarà unica a quel dito.

A questo punto si ha un’immagine dell’impronta digitale, tuttavia non tutte le immagini vengono create in maniera uguale. Infatti, la qualità dell’immagine può essere critica per quanto riguarda la performance delle tecnologie biometriche. Dei fattori importanti sono la risoluzione dell’immagine, l’area del dito, e chiarezza delle scanalature. Nella maggior parte delle applicazioni biometriche e forensi, una risoluzione di circa 500 ppi (points per inch) o più è standard. Per quanto riguarda le applicazioni civili, per ridurre i costi dei sensori si può arrivare anche alla metà dei punti.
Fonti delle immagini


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